Bruno Mellano: ´els autèntics responsables del destí del Tibet som nosaltres´

intervenció de Bruno Mellano, diputat radical i Coordinador de l'Intergruppo parlamentare per il Tibet pronunciada durant la sessió de la Comissió d'Exteriors conjunta de la Camera i el Senato italians:

Intendo intervenire anche per il lavoro fatto come Intergruppo Parlamentare per il Tibet in questa pur breve legislatura che ha visto però la presenza per ben due volte del Dalai Lama in queste sale: nell’ottobre del 2006 e nel dicembre del 2007. Intendo intervenire anche per rivendicare il lavoro fatto in questi anni come continuazione di un lavoro storico del Partito Radicale che proprio in queste aule con l’impegno di Giovanni Negri  a metà degli anni 80 faceva nascere il primo intergruppo parlamentare per il Tibet. A seguire con Adelaide Aglietta al Parlamento europeo, con la nascita della campagna europea “una bandiera per il Tibet” e poi con l’opera di Olivier Dupuis, come segretario del Partito Radicale Transnazionale e deputato europeo, che ha proseguito la campagna a vasto raggio sulle bandiere per il Tibet. Olivier Dupuis che ha parlato per primo non tanto e soltanto di genocidio culturale dei tibetani ma di un vero e proprio genocidio per “diluizione” cioè un genocidio per cui nel Tibet storico i tibetani sono diventati minoranza (6 milioni contro gli 8 milioni di cinesi han in questo momento) con un progetto strategico della Repubblica Popolare di Cina di far diventare 20 milioni, entro il 2020, i cinesi nel Tibet storico. Quel Tibet di cui Lhasa è la capitale soltanto di una piccola parte, la regione autonoma del Tibet. Le altre province sono state invece inglobate da altre province e regioni cinesi. Non a caso in questi giorni registriamo come le crisi più gravi avvengano in una periferia sconosciuta tibetana, in regioni che non hanno neanche il nome del Tibet ma che sono il Tibet storico.

Le dichiarazioni di questi giorni dei più alti vertici della Repubblica popolare di Cina, dal Presidente Hu Jintao, dal premier ma anche dal segretario del Partito comunista cinese, ci parlano ancora oggi del “mostro” Dalai Lama, del “lupo travestito da agnello”, del mostro “dal cuore bestiale” del leader tibetano. Dobbiamo tener conto di queste dichiarazioni e impostazioni perché altrimenti la nostra mera richiesta di sedersi a un tavolo fra il “mostro” Dalai Lama, il pericoloso separatista, terrorista indipendentista Dalai Lama…  e i vertici cinesi rischia di essere una mera dichiarazione. Se noi stessi, e lo dico con amarezza, non siamo riusciti come Intergruppo per il Tibet ma anche come militanti della causa tibetana a far sì che il nostro Presidente del Consiglio, Romano Prodi, incontrasse il Premio Nobel per la Pace, autorità tibetana spirituale e leader politico dei tibetani in modo ufficiale avremo poche possibilità di convincere i cinesi a sedersi attorno a un tavolo con quello che considerano un “pericoloso separatista”. Quindi partiamo da queste sconfitte di vent’anni di iniziative politiche che non sono riuscite a porre sul tavolo della politica la verità storica del Tibet: un paese smembrato, che chiede dal 1983 una genuina autonomia, che da allora ha rinunciato alla pur sacrosanta richiesta di indipendenza. Da quel momento il Dalai Lama deve misurarsi anche con le frange indipendentiste che esistono soprattutto nella popolazione oppressa e vessata dell’interno del Tibet, nelle regioni del Sichuan, del Gansu e delle altre regioni in cui è stato riaccorpato il Tibet storico. Se non partiamo da questa analisi, noi sappiamo che avremo cinque mesi di iniziative, di qua all’otto agosto, giorno di apertura delle Olimpiadi di Pechino; forse avremo ancora dieci giorni di palcoscenico mondiale su cui riusciremo a far parlare di Tibet e a far sventolare qualche bandiera tibetana ma poi il tempo avrà cancellato dalla storia una presenza significativa dal punto di vista culturale, religioso, linguistico ed ambientale unico e tutto questo sarà stato anche per responsabilità nostra. La forza della nonviolenza è la forza di convinzione, che  mobilita chi può parlare, chi ha voce e possibilità di fare pressione e iniziativa politica per conto di quelli che non ce l’hanno.

19-III-08, notizieradicali