-No Vatican, No Taliban 1/2

Questa è una pagina anticlericale.
E' stata scritta dal Vaticano sotto il pontificato di Giovanni Paolo II 

Su aids e contraccettivi

"In merito alla trasmissione sessuale della malattia, la miglior e più efficace prevenzione è l'insegnamento degli autentici valori di vita, amore e sessualità. Un giusto apprezzamento di questi valori faranno conoscere agli uomini e alle donne moderni il modo più giusto per arrivare alla propria realizzazione attraverso la maturità affettiva e l'uso adeguato della sessualità, lì dove le coppie rimangano fedeli e non assumano comportamenti a rischio infezione da HIV. Nessuno può negare che la libertà sessuale aumenti il pericolo di contrarre il virus. E' in questo contesto che i valori della fedeltà coniugale, della castità e dell'astinenza possono essere meglio compresi."

Discorso del Cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dell'Assistenza Sanitaria all'Onu del 27 Giugno 2001.

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Sull'omosessualità

"Certo, nell'azione pastorale, questi omosessuali devono essere accolti con comprensione e sostenuti nella speranza di superare le loro difficoltà personali e il loro disadattamento sociale. La loro colpevolezza sarà giudicata con prudenza; ma non può essere usato nessun metodo pastorale che, ritenendo questi atti conformi alla condizione di quelle persone, accordi loro una giustificazione morale. Secondo l'ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile. Esse sono condannate nella sacra Scrittura come gravi depravazioni e presentate, anzi, come la funesta conseguenza di un rifiuto di Dio.(14) Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati e che, in nessun caso, possono ricevere una qualche approvazione."

Franjo card. Šeper, "Persona Humana: alcune questioni di etica sessuale", Congregazione per la Dottrina della Fede, 29 dicembre 1975

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"La coscienza morale esige di essere, in ogni occasione, testimoni della verità morale integrale, alla quale si oppongono sia l’approvazione delle relazioni omosessuali sia l’ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali. Sono perciò utili interventi discreti e prudenti, il contenuto dei quali potrebbe essere, per esempio, il seguente: smascherare l’uso strumentale o ideologico che si può fare di questa tolleranza; affermare chiaramente il carattere immorale di questo tipo di unione; richiamare lo Stato alla necessità di contenere il fenomeno entro limiti che non mettano in pericolo il tessuto della moralità pubblica e, soprattutto, che non espongano le giovani generazioni ad una concezione erronea della sessualità e del matrimonio, che le priverebbe delle necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare del fenomeno stesso. A coloro che a partire da questa tolleranza vogliono procedere alla legittimazione di specifici diritti per le persone omosessuali conviventi, bisogna ricordare che la tolleranza del male è qualcosa di molto diverso dall’approvazione o dalla legalizzazione del male".

Cardinale Joseph Ratzinger, "Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali", Congregazione per la Dottrina della Fede, 3 giugno 2003.

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Sul divorzio

"Il valore dell'indissolubilità non può però essere ritenuto l'oggetto di una mera scelta privata: esso riguarda uno dei capisaldi dell'intera società. E pertanto, mentre sono da incoraggiare le tante iniziative che i cristiani con altre persone di buona volontà promuovono per il bene delle famiglie (ad esempio, la celebrazioni degli anniversari delle nozze), si deve evitare il rischio del permissivismo in questioni di fondo concernenti l'essenza del matrimonio e della famiglia (cfr Lettera alle famiglie, n. 17).
Fra tali iniziative non possono mancare quelle rivolte al riconoscimento pubblico del matrimonio indissolubile negli ordinamenti giuridici civili (cfr ibid., n. 17). All'opposizione decisa a tutte le misure legali e amministrative che introducano il divorzio o che equiparino al matrimonio le unioni di fatto, perfino quelle omosessuali, si deve accompagnare un atteggiamento propositivo, mediante provvedimenti giuridici tendenti a migliorare il riconoscimento sociale del vero matrimonio nell'ambito degli ordinamenti che purtroppo ammettono il divorzio.
D'altra parte, gli operatori del diritto in campo civile devono evitare di essere personalmente coinvolti in quanto possa implicare una cooperazione al divorzio. Per i giudici ciò può risultare difficile, poiché gli ordinamenti non riconoscono un'obiezione di coscienza per esimerli dal sentenziare. Per gravi e proporzionati motivi essi possono pertanto agire secondo i principi tradizionali della cooperazione materiale al male. Ma anch'essi devono trovare mezzi efficaci per favorire le unioni matrimoniali, soprattutto mediante un'opera di conciliazione saggiamente condotta.
Gli avvocati, come liberi professionisti, devono sempre declinare l'uso della loro professione per una finalità contraria alla giustizia com'è il divorzio".

Discorso di Giovanni Paolo II ai prelati uditori, officiali e avvocati del Tribunale della Rota Romana, 28 gennaio 2002.

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Sull'aborto

"L'originario e inalienabile diritto alla vita è messo in discussione o negato sulla base di un voto parlamentare o della volontà di una parte — sia pure maggioritaria — della popolazione. È l'esito nefasto di un relativismo che regna incontrastato: il «diritto» cessa di essere tale, perché non è più solidamente fondato sull'inviolabile dignità della persona, ma viene assoggettato alla volontà del più forte. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo. Lo Stato non è più la «casa comune» dove tutti possono vivere secondo principi di uguaglianza sostanziale, ma si trasforma in Stato tiranno, che presume di poter disporre della vita dei più deboli e indifesi, dal bambino non ancora nato al vecchio, in nome di una utilità pubblica che non è altro, in realtà, che l'interesse di alcuni.
Tutto sembra avvenire nel più saldo rispetto della legalità, almeno quando le leggi che permettono l'aborto o l'eutanasia vengono votate secondo le cosiddette regole democratiche. In verità, siamo di fronte solo a una tragica parvenza di legalità e l'ideale democratico, che è davvero tale quando riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana, è tradito nelle sue stesse basi: «Come è possibile parlare ancora di dignità di ogni persona umana, quando si permette che si uccida la più debole e la più innocente? In nome di quale giustizia si opera fra le persone la più ingiusta delle discriminazioni, dichiarandone alcune degne di essere difese, mentre ad altre questa dignità è negata?».16 Quando si verificano queste condizioni si sono già innescati quei dinamismi che portano alla dissoluzione di un'autentica convivenza umana e alla disgregazione della stessa realtà statuale.
Rivendicare il diritto all'aborto, all'infanticidio, all'eutanasia e riconoscerlo legalmente, equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà: «In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato» (Gv 8, 34). (…)

È vero che la storia registra casi in cui si sono commessi dei crimini in nome della «verità». Ma crimini non meno gravi e radicali negazioni della libertà si sono commessi e si commettono anche in nome del «relativismo etico». Quando una maggioranza parlamentare o sociale decreta la legittimità della soppressione, pur a certe condizioni, della vita umana non ancora nata, non assume forse una decisione «tirannica» nei confronti dell'essere umano più debole e indifeso? La coscienza universale giustamente reagisce nei confronti dei crimini contro l'umanità di cui il nostro secolo ha fatto così tristi esperienze. Forse che questi crimini cesserebbero di essere tali se, invece di essere commessi da tiranni senza scrupoli, fossero legittimati dal consenso popolare?"


Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 25 marzo 1995

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"Fra tutti i delitti che l'uomo può compiere contro la vita, l'aborto procurato presenta caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e deprecabile. Il Concilio Vaticano II lo definisce, insieme all'infanticidio, ‘delitto abominevole’. Ma oggi, nella coscienza di molti, la percezione della sua gravità è andata progressivamente oscurandosi. L'accettazione dell'aborto nella mentalità, nel costume e nella stessa legge è segno eloquente di una pericolosissima crisi del senso morale, che diventa sempre più incapace di distinguere tra il bene e il male, persino quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Di fronte a una così grave situazione, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia alla verità e di chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione di autoinganno.
La gravità morale dell'aborto procurato appare in tutta la sua verità se si riconosce che si tratta di un omicidio e, in particolare, se si considerano le circostanze specifiche che lo qualificano. Chi viene soppresso è un essere umano che si affaccia alla vita, ossia quanto di più innocente in assoluto si possa immaginare."

Pontificio Consiglio per la Famiglia, "I figli, primavera della famiglia e della società", temi di riflessione e dialogo in preparazione al III incontro mondiale del Santo Padre con le famiglie, 14 - 15 ottobre 2000

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Sulla ricerca scientifica

"Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza: "maschio e femmina li creo" (Gen. 1, 27), affidando loro il compito di "dominare la terra" (Gen. 1, 28). La ricerca scientifica di base e quella applicata costituiscono un'espressione significativa di questa signoria dell'uomo sul creato. La scienza e la tecnica, preziose risorse delI'uomo quando si pongono al suo servizio e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti, non possono da sole indicare il senso dell'esistenza e del progresso umano. Essendo ordinate all'uomo da cui traggono origine e incremento, attingono dalla persona e dai suoi valori morali l'indicazione della loro finalità e la consapevolezza dei loro limiti. Sarebbe, perciò, illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni; d'altro canto non si possono desumere i criteri di orientamento dalla semplice efficienza tecnica, dall’utilità che possono arrecare ad alcuni a danno di altri o, peggio ancora, dalle ideologie dominanti. Pertanto la scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso intrinseco significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali della moralità: debbono essere cioè, al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il progetto e la volontà di Dio. (…)

Il diritto inviolabile alla vita di ogni individuo umano innocente, i diritti della famiglia, dell'istituzione matrimoniale costituiscono dei valori morali fondamentali, perché riguardano la condizione naturale e la vocazione integrale della persona umana, nello stesso tempo sono elementi costitutivi della società civile e del suo ordinamento. Per questo motivo le nuove possibilità tecnologiche, apertesi nel campo della biomedicina, richiedono l'intervento delle autorità politiche e del legislatore, perché un ricorso incontrollato a tali tecniche potrebbe condurre a conseguenze non prevedibili e dannose per la società civile. Il riferimento alla coscienza di ciascuno e all'autoregolamentazione dei ricercatori non può essere sufficiente per il rispetto dei diritti personali e dell'ordine pubblico. Se il legislatore, responsabile del bene comune, mancasse di vigilare, potrebbe venire espropriato delle sue prerogative da parte di ricercatori che pretendessero di governare l'umanità in nome delle scoperte biologiche e dei presunti processi di "miglioramento" che ne deriverebbero."

Joseph Card. Ratzinger, "Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione", Congregazione per la Dottrina della Fede, 22 febbraio 1987

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Sull'utilizzo degli embrioni soprannumerari a fini di ricerca

"Nella pratica abituale della fecondazione in vitro non tutti gli embrioni vengono trasferiti nel corpo della donna; alcuni vengono distrutti. Cosi come condanna l'aborto procurato, la Chiesa proibisce anche di attentare alla vita di questi esseri umani. È doveroso denunciare la particolare gravita della distruzione volontaria degli embrioni umani ottenuti in vitro al solo scopo di ricerca sia mediante fecondazione artificiale sia mediante "fissione gemellare". Agendo in tal modo il ricercatore si sostituisce a Dio e, anche se non ne ha la coscienza, si fa padrone del destino altrui, in quanto sceglie arbitrariamente chi far vivere e chi mandare a morte e sopprime esseri umani senza difesa. Le metodiche di osservazione o di sperimentazione, che causano danno o impongono dei rischi gravi e sproporzionati agli embrioni ottenuti in vitro, sono moralmente illecite per le stesse ragioni. Ogni essere umano va rispettato per se stesso, e non può essere ridotto a puro e semplice valore strumentale a vantaggio altrui. Non è perciò conforme alla morale esporre deliberatamente alla morte embrioni umani ottenuti in vitro. In conseguenza del fatto che sono stati prodotti in vitro, questi embrioni non trasferiti nel corpo della madre e denominati "soprannumerari", rimangono esposti a una sorte assurda, senza possibilità di offrire loro sicure vie di sopravvivenza lecitamente perseguibili. (…)

Il riconoscimento eventualmente accordato dalla legge positiva e dalle autorità politiche alle tecniche di trasmissione artificiale della vita e alle sperimentazioni connesse renderebbe più ampia la breccia aperta dalla legalizzazione dell'aborto. Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno assicurati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti. La legge non potrà tollerare - anzi dovrà espressamente proibire - che degli esseri umani, sia pure allo stadio embrionale, siano trattati come oggetto di sperimentazione, mutilati o distrutti con il pretesto che risulterebbero superflui o incapaci di svilupparsi normalmente."

Joseph Card. Ratzinger, "Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione", Congregazione per la Dottrina della Fede, 22 febbraio 1987

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Sulla clonazione terapeutica

"L'inquietante possibilità di clonare esseri umani a scopo "riproduttivo", mediante la sostituzione tecnica della genitorialità responsabile, è in contrasto con la dignità della figliolanza. Ancora più preoccupanti sono le pressanti richieste avanzate da gruppi di ricerca di legalizzare la clonazione allo scopo di sottomettere gli embrioni umani "prodotti" a manipolazioni ed esperimenti, per poi distruggerli. Questa situazione evidenzia un grave deterioramento, sia del riconoscimento della dignità della vita e della procreazione umana, sia della coscienza di quanto insostituibile e fondamentale sia il ruolo della famiglia per l'uomo, così come di quanto sia fondamentale il suo valore per l'intera umanità."

Cardinale Alfonso López Trujillo, "Clonazione: scomparsa della genitorialità e negazione della famiglia", Pontificio Consiglio per la Famiglia

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"In un certo senso Hitler anticipò alcuni moderni sviluppi come la clonazione o la sperimentazione medica sugli embrioni umani".

Cardinale Joseph Ratzinger

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Su eutanasia e terapia del dolore

"Minacce non meno gravi incombono pure sui malati inguaribili e sui morenti, in un contesto sociale e culturale che, rendendo più difficile affrontare e sopportare la sofferenza, acuisce la tentazione di risolvere il problema del soffrire eliminandolo alla radice con l'anticipare la morte al momento ritenuto più opportuno. In tale scelta confluiscono spesso elementi di diverso segno, purtroppo convergenti a questo terribile esito. Può essere decisivo, nel soggetto malato, il senso di angoscia, di esasperazione, persino di disperazione, provocato da un'esperienza di dolore intenso e prolungato. Ciò mette a dura prova gli equilibri a volte già instabili della vita personale e familiare, sicché, da una parte, il malato, nonostante gli aiuti sempre più efficaci dell'assistenza medica e sociale, rischia di sentirsi schiacciato dalla propria fragilità; dall'altra, in coloro che gli sono effettivamente legati, può operare un senso di comprensibile anche se malintesa pietà. Tutto ciò è aggravato da un'atmosfera culturale che non coglie nella sofferenza alcun significato o valore, anzi la considera il male per eccellenza, da eliminare ad ogni costo; il che avviene specialmente quando non si ha una visione religiosa che aiuti a decifrare positivamente il mistero del dolore. Ma nell'orizzonte culturale complessivo non manca di incidere anche una sorta di atteggiamento prometeico dell'uomo che, in tal modo, si illude di potersi impadronire della vita e della morte perché decide di esse, mentre in realtà viene sconfitto e schiacciato da una morte irrimediabilmente chiusa ad ogni prospettiva di senso e ad ogni speranza. Riscontriamo una tragica espressione di tutto ciò nella diffusione dell'eutanasia, mascherata e strisciante o attuata apertamente e persino legalizzata. Essa, oltre che per una presunta pietà di fronte al dolore del paziente, viene talora giustificata con una ragione utilitaristica, volta ad evitare spese improduttive troppo gravose per la società. Si propone così la soppressione dei neonati malformati, degli handicappati gravi, degli inabili, degli anziani, soprattutto se non autosufficienti, e dei malati terminali."

Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 25 marzo 1995

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Sull'esplosione demografica

"Dopo la caduta della contrapposizione ideologica tra i blocchi, pareva possibile, all'inizio degli anni '90, elaborare un consenso mondiale sui principali problemi dell'umanità. Si ebbe cosi una serie di Conferenze globali organizzate dalle N.U., le quali - è giusto darne atto - hanno contribuito a mettere a fuoco le necessità e le prospettive dell'umanità e a definire in modo più equilibrato lo sviluppo, che non è solo economico, ma sostenibile, umano e sociale ["Place people at the centre of development and direct our economies to meet human needs more effectively" (3)]. Per quanto riguarda la difesa della vita umana, il clima culturale era allora segnato da due elementi: innanzitutto, da previsioni apocalittiche di una crescita demografica superiore alle risorse del pianeta, e, in secondo luogo, da una ideologia di femminismo radicale che reclamava la possibilità, per la donna, a disporre in modo totale del proprio corpo, ivi compreso un figlio non ancora generato.
In questo contesto, l'International Conference on Population and Development, al Cairo (5-13 settembre 1994), pose l'accento non sullo sviluppo, bensì sul controllo della popolazione, e vide una forte spinta a porre al centro la "salute riproduttiva delle donne" (4). Cosi, l'aborto venne considerato come una dimensione della politica demografica e come un servizio sanitario ("reproductive health service"). D'altra parte, però, nonostante forti pressioni, anche per l'impegno deciso della Delegazione della Santa Sede, fu riaffermato il principio ottenuto a Città del Messico nel 1984 e cioè che in nessun caso l'aborto potesse essere considerato un mezzo di pianificazione familiare (5), e non fu proclamato il cosiddetto "diritto all'aborto". Questi punti furono mantenuti anche un anno dopo, alla Fourth World Conference on Women (Beijing, 4-15 settembre 1995), dove le pressioni già attive al Cairo tornarono ancora più forti, diffondendo nei documenti finali il linguaggio su cui la Santa Sede aveva posto nel 1994 le proprie serie riserve. Una valutazione equilibrata di questi grandi incontri internazionali deve tener comunque presente che altre conclusioni - come quelle del Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sociale di Copenaghen, nel 1995, o del Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare a Roma, nel 1996 - sono risultate, specie sui temi sociali, decisamente più vicine alle posizioni della Santa Sede. Le tendenze presenti al Cairo ed a Beijing sono riaffiorate al momento in cui le N.U. hanno voluto dare una valutazione, a distanza di cinque anni, dell'attuazione del Programma d'Azione del Cairo. Si voleva introdurre la nuova espressione equivoca "contraccezione d'emergenza" (emergency contraception) che copre la realtà di un aborto precoce, indotto con pillole. La Santa Sede, con l'appoggio dell'Argentina, del Nicaragua e di alcuni altri Paesi riuscì a non far approvare questa espressione (6). La Santa Sede, inoltre ha denunciato la tendenza ad accettare un esercizio della sessualità fuori dal matrimonio, anche per gli adolescenti, e a considerare l'aborto come una dimensione delle politiche demografiche e come un metodo di scelta (7)."

Intervento dell'Arcivescovo Lean-Louis Tauran alla VI Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, 11 febbraio 2000

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"Un altro fenomeno attuale, al quale si accompagnano frequentemente minacce e attentati alla vita, è quello demografico. (…) Contraccezione, sterilizzazione e aborto vanno certamente annoverati tra le cause che contribuiscono a determinare le situazioni di forte denatalità. Può essere facile la tentazione di ricorrere agli stessi metodi e attentati contro la vita anche nelle situazioni di «esplosione demografica». L'antico faraone, sentendo come un incubo la presenza e il moltiplicarsi dei figli di Israele, li sottopose ad ogni forma di oppressione e ordinò che venisse fatto morire ogni neonato maschio delle donne ebree (cf. Es 1, 7-22). Allo stesso modo si comportano oggi non pochi potenti della terra. Essi pure avvertono come un incubo lo sviluppo demografico in atto e temono che i popoli più prolifici e più poveri rappresentino una minaccia per il benessere e la tranquillità dei loro Paesi. Di conseguenza, piuttosto che voler affrontare e risolvere questi gravi problemi nel rispetto della dignità delle persone e delle famiglie e dell'inviolabile diritto alla vita di ogni uomo, preferiscono promuovere e imporre con qualsiasi mezzo una massiccia pianificazione delle nascite. Gli stessi aiuti economici, che sarebbero disposti a dare, vengono ingiustamente condizionati all'accettazione di una politica antinatalista. (…)

Al di là delle intenzioni, che possono essere varie e magari assumere forme suadenti persino in nome della solidarietà, siamo in realtà di fronte a una oggettiva «congiura contro la vita» che vede implicate anche Istituzioni internazionali, impegnate a incoraggiare e programmare vere e proprie campagne per diffondere la contraccezione, la sterilizzazione e l'aborto."

Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 25 marzo 1995

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Sull'informazione sessuale

"Oggi i genitori devono fare attenzione ai modi in cui una educazione immorale può essere trasmessa ai loro figli attraverso diversi metodi promossi dai gruppi con posizioni e interessi contrari alla morale cristiana. Non sarebbe possibile indicare tutti i metodi inaccettabili; qui si presentano soltanto diversi modi più diffusi che minacciano i diritti dei genitori e la vita morale dei loro figli.

136. In primo luogo i genitori devono rifiutare l'educazione sessuale secolarizzata ed antinatalista, che mette Dio ai margini della vita e considera la nascita di un figlio come una minaccia, diffusa dai grandi organismi e dalle associazioni internazionali che promuovono l'aborto, la sterilizzazione e la contraccezione. Questi organismi vogliono imporre un falso stile di vita contro la verità della sessualità umana. Operando a livello nazionale o provinciale, tali organismi cercano di suscitare fra i bambini e i giovani la paura circa la « minaccia della sovra-popolazione » per promuovere la mentalità contraccettiva, cioè la mentalità « anti-life »; diffondono concetti falsi circa la « salute riproduttiva » e i « diritti sessuali e riproduttivi » dei giovani.22 (…)

137. Prima dell'adolescenza, il carattere immorale dell'aborto, procurato chirurgicamente o chimicamente, può essere spiegato gradualmente nei termini della morale cattolica e della riverenza per la vita umana.24
Per quanto riguarda la sterilizzazione e la contraccezione, la loro discussione non deve aver luogo prima dell'età adolescenziale e si dovrà sviluppare soltanto in conformità con l'insegnamento della Chiesa Cattolica.25 (…)

138. In alcune società sono operanti associazioni professionali di educatori, consiglieri e terapisti del sesso. Poiché il loro lavoro si basa non di rado su teorie malsane, prive di valore scientifico e chiuse ad un'autentica antropologia, che non riconoscono il vero valore della castità, i genitori dovrebbero accertarsi su tali associazioni con grande cautela, non importa quale tipo di riconoscimento ufficiale abbiano ricevuto; e ciò soprattutto quando il punto di vista di queste ultime è in discordia con gli insegnamenti della Chiesa, che risulta evidente non solo nel loro agire, ma anche nelle loro pubblicazioni che sono largamente diffuse in diversi paesi.

139. Un altro abuso si verifica quando si vuole impartire l'educazione sessuale insegnando ai bambini, anche graficamente, tutti i dettagli intimi dei rapporti genitali. Oggi questo avviene spesso con la motivazione di voler offrire un'educazione per « il sesso sicuro », soprattutto in relazione alla diffusione dell'AIDS. In questo contesto, i genitori devono anche rifiutare la promozione del cosiddetto « safe sex » o « safer sex », una politica pericolosa ed immorale, basata sulla teoria illusoria che il preservativo possa dare protezione adeguata contro l'AIDS. I genitori devono insistere sulla continenza fuori del matrimonio e la fedeltà nel matrimonio come l'unica vera e sicura educazione per la prevenzione di tale contagio.

140. Un altro approccio largamente utilizzato, ma che può essere dannoso, viene definito con il termine « chiarificazione dei valori ». I giovani sono incoraggiati a riflettere, chiarire e decidere circa le questioni morali con la massima « autonomia », ignorando però la realtà oggettiva della legge morale in genere e trascurando la formazione delle coscienze sugli specifici precetti morali cristiani, affermati dal Magistero della Chiesa.27 Si dà ai giovani l'idea che un codice morale sia qualcosa creato da loro stessi, come se l'uomo fosse fonte e norma della morale.(…)

141. I genitori devono anche fare attenzione ai modi con cui l'istruzione sessuale viene inserita nel contesto di altre materie per altro utili (per esempio: la sanità e l'igiene, lo sviluppo personale, la vita familiare, la letteratura infantile, gli studi sociali e culturali ecc.). In questi casi è più difficile controllare il contenuto dell'istruzione sessuale. Tale metodo dell'inclusione è utilizzato in particolare da quelli che promuovono l'istruzione sessuale nella prospettiva del controllo delle nascite o nei paesi dove il governo non rispetta i diritti dei genitori in tale ambito. (…)

142. Infine, bisogna tenere presente, come orientamento generale, che tutti i diversi metodi dell'educazione sessuale devono essere giudicati dai genitori alla luce dei principi e delle norme morali della Chiesa, che esprimano i valori umani nella vita quotidiana."

Alfonso Cardinale López Trujillo e S. E. Mons. Elio Sgreccia, "Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti educativi in famiglia", Pontificio Consiglio per la Famiglia, 8 dicembre 1995

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Sulla fecondazione assistita

"I progressi della tecnica hanno oggi reso possibile una procreazione senza rapporto sessuale mediante l'incontro in vitro delle cellule germinali antecedentemente prelevate dall'uomo e dalla donna. Ma ciò che è tecnicamente possibile non è per ciò stesso moralmente ammissibile (…)

La fecondazione artificiale eterologa è contraria all'unità del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e dal matrimonio.(36) Il rispetto dell'unità del matrimonio e della fedeltà coniugale esige che il figlio sia concepito nel matrimonio; il legame esistente tra i coniugi attribuisce agli sposi, in maniera oggettiva e inalienabile, il diritto esclusivo a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro(37). Il ricorso ai gameti di una terza persona, per avere a disposizione lo sperma o l'ovulo, costituisce una violazione dell'impegno reciproco degli sposi e una mancanza grave nei confronti di quella proprietà essenziale del matrimonio, che è la sua unità. La fecondazione artificiale eterologa lede i diritti del figlio, lo priva della relazione filiale con le sue origini parentali e può ostacolare la maturazione della sua identità personale. Essa costituisce inoltre una offesa alla vocazione comune degli sposi che sono chiamati alla paternità e maternità: priva oggettivamente la fecondità coniugale della sua unità e della sua integrità; opera e manifesta una rottura fra parentalità genetica, parentalità gestazionale e responsabilità educativa. Tale alterazione delle relazioni personali all'interno della famiglia si ripercuote nella società civile. Queste ragioni portano a un giudizio morale negativo sulla fecondazione artificiale eterologa: pertanto è moralmente illecita la fecondazione di una donna con lo sperma di un donatore diverso da suo marito e la fecondazione con lo sperma del marito di un ovulo che non proviene dalla sua sposa. Inoltre la fecondazione artificiale di una donna non sposata, nubile o vedova, chiunque sia il donatore, non può essere moralmente giustificata. (…)

La FIVET omologa è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. (…)

L'inseminazione artificiale omologa all'interno del matrimonio non può essere ammessa, salvo il caso in cui il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale. (…) L'inseminazione artificiale sostitutiva dell'atto coniugale è proibita in ragione della dissociazione volontariamente operata tra i due significati dell'atto coniugale. La masturbazione, mediante la quale viene normalmente procurato lo sperma, è un altro segno di tale dissociazione; anche quando è posto in vista della procreazione, il gesto rimane privo del suo significato unitivo: "gli manca… la relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, "in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana""(54). (…)

L'autorità politica è tenuta a garantire all'istituzione familiare, sulla quale la società si fonda, la protezione giuridica alla quale essa ha diritto. Per il fatto stesso che è al servizio delle persone, l'autorità politica dovrà essere anche a servizio della famiglia. La legge civile non potrà accordare la sua garanzia a quelle tecniche di procreazione artificiale che sottraggono a beneficio di terze persone (medici, biologi, poteri economici o governativi) ciò che costituisce un diritto inerente alla relazione fra gli sposi e non potrà perciò legalizzare il dono di gameti tra persone che non siano legittimamente unite in matrimonio."

Joseph Card. Ratzinger, "Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione", Congregazione per la Dottrina della Fede, 22 febbraio 1987

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Sulla contraccezione

"È altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. Né, a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna scegliere quel male che sembri meno grave o il fatto che tali atti costituirebbero un tutto con gli atti fecondi che furono posti o poi seguiranno, e quindi ne condividerebbero l’unica e identica bontà morale. In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali. È quindi errore pensare che un atto coniugale, reso volutamente infecondo, e perciò intrinsecamente non onesto, possa essere coonestato dall’insieme di una vita coniugale feconda. (…)

Gli uomini retti potranno ancora meglio convincersi della fondatezza della dottrina della chiesa in questo campo, se vorranno riflettere alle conseguenze dei metodi di regolazione artificiale delle nascite. Considerino, prima di tutto, quale via larga e facile aprirebbero così alla infedeltà coniugale ed all’abbassamento generale della moralità. Non ci vuole molta esperienza per conoscere la debolezza umana e per comprendere che gli uomini - i giovani specialmente, così vulnerabili su questo punto - hanno bisogno d’incoraggiamento a essere fedeli alla legge morale e non si deve loro offrire qualche facile mezzo per eluderne l’osservanza. Si può anche temere che l’uomo, abituandosi all’uso delle pratiche anticoncezionali, finisca per perdere il rispetto della donna e, senza più curarsi del suo equilibrio fisico e psicologico, arrivi a considerarla come semplice strumento di godimento egoistico e non più come la sua compagna, rispettata e amata. Si rifletta anche all’arma pericolosa che si verrebbe a mettere così tra le mani di autorità pubbliche, incuranti delle esigenze morali. Chi potrà rimproverare a un governo di applicare alla soluzione dei problemi della collettività ciò che fosse riconosciuto lecito ai coniugi per la soluzione di un problema familiare? Chi impedirà ai governanti di favorire e persino di imporre ai loro popoli, ogni qualvolta lo ritenessero necessario, il metodo di contraccezione da essi giudicato più efficace? In tal modo gli uomini, volendo evitare le difficoltà individuali, familiari o sociali che s’incontrano nell’osservanza della legge divina, arriverebbero a lasciare in balia dell’intervento delle autorità pubbliche il settore più personale e più riservato della intimità coniugale. Pertanto, se non si vuole esporre all’arbitrio degli uomini la missione di generare la vita, si devono necessariamente riconoscere limiti invalicabili alla possibilità di dominio dell’uomo sul proprio corpo e sulle sue funzioni; limiti che a nessun uomo, sia privato, sia rivestito di autorità, è lecito infrangere."

Paolo VI, "Humanae Vitae", 25 luglio 1968

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"La Chiesa ha sempre insegnato l'intrinseca malizia della contraccezione, cioè di ogni atto coniugale reso intenzionalmente infecondo. Questo insegnamento è da ritenere come dottrina definitiva ed irriformabile. La contraccezione si oppone gravemente alla castità matrimoniale, è contraria al bene della trasmissione della vita (aspetto procreativo del matrimonio), e alla donazione reciproca dei coniugi (aspetto unitivo del matrimonio), ferisce il vero amore e nega il ruolo sovrano di Dio nella trasmissione della vita umana."

Pontificio Consiglio per la Famiglia, Vademecum per i confessori su alcuni temi di morale attinenti alla vita coniugale, 12 febbraio 1997

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Sul piacere sessuale

"Altrettanto bisogna dire circa la rivendicazione della libertà sessuale. Se con questa espressione si intendesse la padronanza, progressivamente acquisita, della ragione e del vero amore sugli impulsi dell’istinto, senza svalutare il piacere, ma mantenendolo al suo giusto posto - e la padronanza, ‘in questo campo, è la sola autentica libertà - non ci sarebbe nulla da eccepire: una tale libertà, infatti, si guarderà sempre dall’attentare alla giustizia. Ma se, al contrario, si intende affermare che l’uomo e la donna sono «liberi» di ricercare il piacere sessuale a sazietà, senza tener conto di nessuna legge né dell’ordinazione essenziale della vita sessuale ai suoi frutti di fecondità (23), siffatta opinione non ha nulla di cristiano, ed è anche indegna dell’uomo."

Francesco Card. Seper, Dichiarazione Sull'aborto Procurato, Sacra Congregazione Per La Dottrina Della Fede, 18 novembre 1974

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Sulla masturbazione

"Spesso, oggi, si mette in dubbio o si nega espressamente la dottrina tradizionale cattolica, secondo la quale la masturbazione costituisce un grave disordine morale. La psicologia e la sociologia, si dice, dimostrano che, soprattutto tra gli adolescenti, essa è un fenomeno normale dell'evoluzione della sessualità. Non ci sarebbe colpa reale e grave, se non nella misura in cui il soggetto cedesse deliberatamente ad un'auto soddisfazione chiusa in se stessa («ipsazione»), perché in tal caso l'atto sarebbe radicalmente contrario a quella comunione amorosa tra persone di diverso sesso, che secondo certuni sarebbe quel che principalmente si cerca nell'uso della facoltà sessuale.
Questa opinione è contraria alla dottrina e alla pratica pastorale della chiesa cattolica. Quale che sia il valore di certi argomenti d'ordine biologico o filosofico, di cui talvolta si sono serviti i teologi, di fatto sia il magistero della chiesa - nella linea di una tradizione costante -, sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato.(15) La ragione principale è che, qualunque ne sia il motivo, l'uso deliberato della facoltà sessuale, al di fuori dei rapporti coniugali normali, contraddice essenzialmente la sua finalità. A tale uso manca, infatti, la relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, «in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana».(16) Soltanto a questa relazione regolare dev'essere riservato ogni esercizio deliberato sulla sessualità. Anche se non si può stabilire con certezza che la Scrittura riprova questo peccato con una distinta denominazione, la tradizione della chiesa ha giustamente inteso che esso veniva condannato nel nuovo testamento, quando questo parla di «impurità», di «impudicizia», o di altri vizi, contrari alla castità e alla continenza.
Le inchieste sociologiche possono indicare la frequenza questo disordine secondo i luoghi, la popolazione o le circostanze prese in considerazione; si rilevano così dei fatti. Ma i fatti non costituiscono un criterio che permette di giudicare del valore morale degli atti umani.(17) La frequenza del fenomeno in questione è, certo, da mettere in rapporto con l'innata debolezza dell'uomo in conseguenza del peccato originale, ma anche con la perdita del senso di Dio, la depravazione dei costumi, generata dalla commercializzazione del vizio, la sfrenata licenza di tanti spettacoli e di pubblicazioni, come anche con l'oblio del pudore, custode della castità."

Franjo card. Šeper, "Persona Humana: alcune questioni di etica sessuale", Congregazione per la Dottrina della Fede, 29 dicembre 1975

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Sul sesso prematrimoniale

"Molti oggi rivendicano il diritto all'unione sessuale prima del matrimonio, almeno quando una ferma volontà di sposarsi e un affetto, in qualche modo già coniugale nella psicologia dei soggetti, richiedono questo completamento, che essi stimano connaturale; ciò soprattutto quando la celebrazione del matrimonio è impedita dalle circostanze esterne, o se questa intima relazione sembra necessaria perché sia conservato l'amore.
Questa opinione è in contrasto con la dottrina cristiana. secondo la quale ogni atto genitale umano deve svolgersi nel quadro del matrimonio. Infatti, per quanto sia fermo il proposito di coloro che si impegnano in tali rapporti prematuri, resta vero, però, che questi non consentono di assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione interpersonale di un uomo e di una donna e, specialmente di proteggerla dalle fantasie e dai capricci."

Franjo card. Šeper, "Persona Humana: alcune questioni di etica sessuale", Congregazione per la Dottrina della Fede, 29 dicembre 1975

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Sulla pillola del giorno dopo

"La pillola del giorno dopo è un preparato a base di ormoni (essa può contenere estrogeni, estroprogestinici, oppure solo progestinici) che, assunta entro e non oltre le 72 ore dopo un rapporto sessuale presumibilmente fecondante, esplica un meccanismo prevalentemente di tipo "antinidatorio", cioè impedisce che l'eventuale ovulo fecondato (che è un embrione umano), ormai giunto nel suo sviluppo allo stadio di blastocisti (5°-6° giorno dalla fecondazione), si impianti nella parete uterina, mediante un meccanismo di alterazione della parete stessa.
Il risultato finale sarà quindi l'espulsione e la perdita di questo embrione. (…)

Ne consegue che, da un punto di vista etico, la stessa illiceità assoluta di procedere a pratiche abortive sussiste anche per la diffusione, la prescrizione e l'assunzione della pillola del giorno dopo. Ne sono moralmente responsabili anche tutti coloro che, condividendone l'intenzione o meno, cooperassero direttamente con una tale procedura."

Pontificia Accademia Per La Vita, Comunicato Sulla Cosiddetta "Pillola Del Giorno Dopo", 31 novembre 2000.

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Legge civile e legge naturale

"La funzione della legge non è di registrare passivamente quel che si fa, ma d’i aiutare a far meglio. È, in ogni caso, missione dello Stato quella di tutelare i diritti di ciascun cittadino, e di proteggere i più deboli: gli occorrerà per questo riparare molti torti. La legge non è obbligata a punire tutto, ma non può andare contro una legge più profonda e più augusta di ogni legge umana: la legge naturale, la quale è inscritta dal Creatore nel cuore dell’uomo come norma che la ragione discopre e si adopera a ben formulare, che bisogna costantemente sforzarsi a meglio comprendere, ma che è sempre male contraddire. La legge umana può rinunciare a punire, ma non può rendere onesto quel che sarebbe contrario al diritto naturale, perché tale opposizione basta a far sì che una legge non sia più legge."

Francesco Card. Seper, Dichiarazione Sull'aborto Procurato, Sacra Congregazione Per La Dottrina Della Fede, 18 novembre 1974

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Democrazia e morale

"In realtà, la democrazia non può essere mitizzata fino a farne un surrogato della moralità o un toccasana dell'immoralità. Fondamentalmente, essa è un «ordinamento» e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere «morale» non è automatico, ma dipende dalla conformità alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve. Se oggi si registra un consenso pressoché universale sul valore della democrazia, ciò va considerato un positivo «segno dei tempi», come anche il Magistero della Chiesa ha più volte rilevato.88 Ma il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e imprescindibili sono certamente la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili, nonché l'assunzione del «bene comune» come fine e criterio regolativo della vita politica.
Alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli «maggioranze» di opinione, ma solo il riconoscimento di una legge morale obiettiva che, in quanto «legge naturale» iscritta nel cuore dell'uomo, è punto di riferimento normativo della stessa legge civile. Quando, per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse a porre in dubbio persino i principi fondamentali della legge morale, lo stesso ordinamento democratico sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione empirica dei diversi e contrapposti interessi."

Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 25 marzo 1995

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"Nella Lettera enciclica Veritatis splendor mettevo in guardia dal «rischio dell'alleanza fra democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva, più radicalmente, del riconoscimento della verità» (n. 101). Infatti, se non esiste nessuna verità ultima che guidi e orienti l'azione politica, annotavo in un'altra Lettera enciclica, la Centesimus annus, «le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia» (n. 46)."

Giovanni Paolo II, Discorso al Parlamento italiano, 14 novembre 2002

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La cultura della morte

"Sullo sfondo c'è una profonda crisi della cultura, che ingenera scetticismo sui fondamenti stessi del sapere e dell'etica e rende sempre più difficile cogliere con chiarezza il senso dell'uomo, dei suoi diritti e dei suoi doveri.

In realtà, se molti e gravi aspetti dell'odierna problematica sociale possono in qualche modo spiegare il clima di diffusa incertezza morale e talvolta attenuare nei singoli la responsabilità soggettiva, non è meno vero che siamo di fronte a una realtà più vasta, che si può considerare come una vera e propria struttura di peccato, caratterizzata dall'imporsi di una cultura anti-solidaristica, che si configura in molti casi come vera «cultura di morte». Essa è attivamente promossa da forti correnti culturali, economiche e politiche, portatrici di una concezione efficientistica della società.
Guardando le cose da tale punto di vista, si può, in certo senso, parlare di una guerra dei potenti contro i deboli: la vita che richiederebbe più accoglienza, amore e cura è ritenuta inutile, o è considerata come un peso insopportabile e, quindi, è rifiutata in molte maniere. Chi, con la sua malattia, con il suo handicap o, molto più semplicemente, con la stessa sua presenza mette in discussione il benessere o le abitudini di vita di quanti sono più avvantaggiati, tende ad essere visto come un nemico da cui difendersi o da eliminare. Si scatena così una specie di «congiura contro la vita». Essa non coinvolge solo le singole persone nei loro rapporti individuali, familiari o di gruppo, ma va ben oltre, sino ad intaccare e stravolgere, a livello mondiale, i rapporti tra i popoli e gli Stati.
13. Per facilitare la diffusione dell'aborto, si sono investite e si continuano ad investire somme ingenti destinate alla messa a punto di preparati farmaceutici, che rendono possibile l'uccisione del feto nel grembo materno, senza la necessità di ricorrere all'aiuto del medico. La stessa ricerca scientifica, su questo punto, sembra quasi esclusivamente preoccupata di ottenere prodotti sempre più semplici ed efficaci contro la vita e, nello stesso tempo, tali da sottrarre l'aborto ad ogni forma di controllo e responsabilità sociale.
Si afferma frequentemente che la contraccezione, resa sicura e accessibile a tutti, è il rimedio più efficace contro l'aborto. Si accusa poi la Chiesa cattolica di favorire di fatto l'aborto perché continua ostinatamente a insegnare l'illiceità morale della contraccezione.
L'obiezione, a ben guardare, si rivela speciosa. Può essere, infatti, che molti ricorrano ai contraccettivi anche nell'intento di evitare successivamente la tentazione dell'aborto. Ma i disvalori insiti nella «mentalità contraccettiva» — ben diversa dall'esercizio responsabile della paternità e maternità, attuato nel rispetto della piena verità dell'atto coniugale — sono tali da rendere più forte proprio questa tentazione, di fronte all'eventuale concepimento di una vita non desiderata. Di fatto la cultura abortista è particolarmente sviluppata proprio in ambienti che rifiutano l'insegnamento della Chiesa sulla contraccezione.

Nel ricercare le radici più profonde della lotta tra la «cultura della vita» e la «cultura della morte», non ci si può fermare all'idea perversa di libertà sopra ricordata. Occorre giungere al cuore del dramma vissuto dall'uomo contemporaneo: l'eclissi del senso di Dio e dell'uomo, tipica del contesto sociale e culturale dominato dal secolarismo, che coi suoi tentacoli pervasivi non manca talvolta di mettere alla prova le stesse comunità cristiane. (…)

Per questo, quando viene meno il senso di Dio, anche il senso dell'uomo viene minacciato e inquinato, come lapidariamente afferma il Concilio Vaticano II: «La creatura senza il Creatore svanisce... Anzi, l'oblio di Dio priva di luce la creatura stessa».17 L'uomo non riesce più a percepirsi come «misteriosamente altro» rispetto alle diverse creature terrene; egli si considera come uno dei tanti esseri viventi, come un organismo che, tutt'al più, ha raggiunto uno stadio molto elevato di perfezione. Chiuso nel ristretto orizzonte della sua fisicità, si riduce in qualche modo a «una cosa» e non coglie più il carattere «trascendente» del suo «esistere come uomo».

A ciò sembra condurre una certa razionalità tecnico-scientifica, dominante nella cultura contemporanea, che nega l'idea stessa di una verità del creato da riconoscere o di un disegno di Dio sulla vita da rispettare.

L'eclissi del senso di Dio e dell'uomo conduce inevitabilmente al materialismo pratico, nel quale proliferano l'individualismo, l'utilitarismo e l'edonismo. Si manifesta anche qui la perenne validità di quanto scrive l'Apostolo: «Poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno» (Rm 1, 28). Così i valori dell'essere sono sostituiti da quelli dell'aver . (…)

Sempre nel medesimo orizzonte culturale, il corpo non viene più percepito come realtà tipicamente personale, segno e luogo della relazione con gli altri, con Dio e con il mondo. Esso è ridotto a pura materialità: è semplice complesso di organi, funzioni ed energie da usare secondo criteri di mera godibilità ed efficienza. Conseguentemente, anche la sessualità è depersonalizzata e strumentalizzata: da segno, luogo e linguaggio dell'amore, ossia del dono di sé e dell'accoglienza dell'altro secondo l'intera ricchezza della persona, diventa sempre più occasione e strumento di affermazione del proprio io e di soddisfazione egoistica dei propri desideri e istinti. Così si deforma e falsifica il contenuto originario della sessualità umana e i due significati, unitivo e procreativo, insiti nella natura stessa dell'atto coniugale, vengono artificialmente separati: in questo modo l'unione è tradita e la fecondità è sottomessa all'arbitrio dell'uomo e della donna. La procreazione allora diventa il «nemico» da evitare nell'esercizio della sessualità: se viene accettata, è solo perché esprime il proprio desiderio, o addirittura la propria volontà, di avere il figlio «ad ogni costo» e non, invece, perché dice totale accoglienza dell'altro e, quindi, apertura alla ricchezza di vita di cui il figlio è portatore."

Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 25 marzo 1995

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Contro il pluralismo etico

"È oggi verificabile un certo relativismo culturale che offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia.[12] Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall’altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori,[13] come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore. Nel contempo, invocando ingannevolmente il valore della tolleranza, a una buona parte dei cittadini — e tra questi ai cattolici — si chiede di rinunciare a contribuire alla vita sociale e politica dei propri Paesi secondo la concezione della persona e del bene comune che loro ritengono umanamente vera e giusta, da attuare mediante i mezzi leciti che l’ordinamento giuridico democratico mette ugualmente a disposizione di tutti i membri della comunità politica. La storia del XX secolo basta a dimostrare che la ragione sta dalla parte di quei cittadini che ritengono del tutto falsa la tesi relativista secondo la quale non esiste una norma morale, radicata nella natura stessa dell’essere umano, al cui giudizio si deve sottoporre ogni concezione dell’uomo, del bene comune e dello Stato."

Joseph Card. Ratzinger, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, Congregazione Per La Dottrina Della Fede, 24 novembre 2002.

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ricerche e traduzione di Adriano Angelini
testi di Adriano Angelini e Diego Galli

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