"Necesidad de la Europa política", Emma Bonino, VIII-07

Las conmemoraciones no sirven para devolver la vida a aquellos que nos dejaron. Sirven para impedir la muerte de ciertas ideas. Pienso en Altiero Spinelli, que nacía en Roma hace cien años, el 31 de agosto de 1907. Se habla a menudo de los «padres de Europa» y se mencionan De Gasperi, Adenauer, Schuman, Monnet. Spinelli fue, para muchos, el «padre de los padres».

La dirección en la que todo un continente se ha movido se la debemos en gran parte a él. Al pensamiento original que le animó, en el exilio en una pequeña isla del Tirreno, junto a Rossi y Colorni, en 1941, en los años más oscuros del siglo XX. El Manifiesto de Ventotene ha sido, y sigue siendo aún hoy, la brújula de la integración europea.

Spinelli no paró nunca de batirse por una Europa política y federal. Fue batallador y activo entre la gente, y en las instituciones, a pesar de no ser siempre entendido, a veces incluso por aquellos que, por vecindaje político, deberían haber sido los primeros en apoyarle. Fue uno de los grandes, como ha recordado el Presidente Napolitano, porque convivieron con rara coherencia, en su vivencia política y en su pensamiento, visión y realismo.

Vuelve a la mente una de las más bellas alocucions de Spinelli: un pensamiento cargado de melancolía y esperanza, pronunciada en septiembre de 1983, justo antes del voto final del Parlamento Europeo que se pronunciaría de manera favorable por amplísima mayoría sobre “su” proyecto de Tratado de la UE: una verdadera y propia constitución europea ante litteram, veinte años antes de la recientemente aparcada. La frase queda como referente: «Todos habéis leído -dijo- la novela de Hemingway en la que se habla de un viejo pescador que, habiendo pescado el pez más grande de su vida, intenta llevarlo a tierra. Pero los tiburones lo devoran poco a poco, y cuando llega a puerto sólo queda la espina. Cuando vote, en unos minutos, el Parlamento habrá capturado el pez más grande de su vida, pero tendrá que llevarlo a tierra. Prestemos pues mucha atención, porque habrá siempre tiburones que procurarán devorarlo. Procuremos no volver a puerto sólo con una espina».

Este pulso ideal de pesca aún no ha concluído. La parábola del nuevo Tratado constitucional, firmado en Roma en 2004 y después parcialmente “devorado” por los tiburones antieuropeos, lo ilustra claramente.

Es necesario continuar impulsando el proceso de integración, porque el mundo no esperará el lento acceder de Europa hacia la asunción de responsabilidades globales que son, a la larga, ineludibles. Muchos empiezan a darse cuenta de ello, tanto es así que incluso el Presidente Sarkozy, guardián de la «miniaturización» del Tratado constitucional, ha avanzado la propuesta de un Comité de sabios para reflexionar sobre en qué deberá convertirse la UE de aquí al 2020, o al 2030. La historia europea está llena de informes de este tipo que duermen en los cajones de las cancillerías. Lo importante es reemprender el trabajo inmediatamente, sin darse por vencidos en el camino de la construcción de una Europa más ambiciosa y diversa. Como habría hecho Spinelli.

Algunos querrían pararse aquí. Querrían no hablar de reformas en los próximos veinte años. Pero hoy, más que ayer, nos hace falta un nuevo impulso. Nos hace falta a todos reencontrar, en nuestra acción a favor de Europa, aquello que Spinelli nos reconocía a los Radicales, hablando a nuestro Congreso de Florencia en 1985, pocos meses antes de morir: fervor, y sobretodo un punto de locura.

La Europa que él soñaba, la Europa política, es la que necesitamos. No es cuestión de gustos ni preferencias. Es una cuestión de necesidad. Una Europa siempre más integrada servirá mañana también a aquellos que hoy no la quieren. Lo sabía Spinelli, y hoy le rendimos homenaje, por lo que hizo, y por las ideas que nos ha transmitido. Gracias Altiero.

IlMessaggero, 31-VIII-07.

(traducción radical.es. Nuestras disculpas)

------versión original---------------------------------- 

Le commemorazioni non servono per richiamare in vita chi ci manca. Servono per non far morire certe idee. Penso ad Altiero Spinelli, che nasceva a Roma cento anni fa, il 31 agosto 1907. Si parla spesso di «padri dell’Europa» e si citano De Gasperi, Adenauer, Schuman, Monnet. Spinelli fu, per molti versi, il «padre dei padri».

La direzione nella quale un intero continente si sarebbe mosso la dobbiamo in larga parte a lui. Al pensiero originale che lo animò, in esilio su una piccola isola del Tirreno, assieme a Rossi e Colorni, nel 1941, negli anni più bui del Novecento. Il Manifesto di Ventotene è stato, e resta ancora oggi, la bussola dell’integrazione europea.

Spinelli non smise mai di battersi per un’Europa politica e federale. Fu battagliero e attivo presso la gente, e nelle istituzioni, anche se non fu sempre capito, a volte neppure da coloro che, per vicinanza politica, avrebbero dovuto per primi sostenerlo. Fu un grande come ha ricordato il Presidente Napolitano perché convissero con rara coerenza, nella sua vicenda politica e nel suo pensiero, visione e realismo.

Torna alla mente una delle più belle allocuzioni di Spinelli: un pensiero carico di malinconia e speranza, espresso nel settembre 1983, prima del voto finale del Parlamento europeo che si sarebbe pronunciato in modo favorevole a larghissima maggioranza sul “suo” progetto di Trattato sull’Ue: una vera e propria costituzione europea ante litteram, venti anni prima di quella appena accantonata. Quella frase resta un monito: «Avete tutti letto disse il romanzo di Hemingway in cui si parla di un vecchio pescatore che, dopo aver pescato il pesce più grosso della sua vita, tenta di portarlo a riva. Ma i pescecani a poco a poco lo divorano, e quando egli arriva in porto gli rimane la lisca. Quando voterà fra qualche minuto, il Parlamento avrà catturato il pesce più grosso della sua vita, ma dovrà portarlo fino a riva. Facciamo quindi ben attenzione, perché ci saranno sempre degli squali che cercheranno di divorarlo. Tentiamo di non rientrare in porto con soltanto una lisca».

Quella battuta di pesca ideale non si è ancora conclusa. La parabola del nuovo Trattato costituzionale, firmato a Roma nel 2004 e poi parzialmente “divorato” dagli squali antieuropei, lo illustra chiaramente.

C’è bisogno di continuare a spingere a favore del processo di integrazione, perché il mondo non aspetterà il lento incedere dell’Europa verso l’assunzione di responsabilità globali che sono, a termine, ineludibili. Cominciano a rendersene conto in molti, tant’è che pure il Presidente Sarkozy alfiere della «miniaturizzazione» del Trattato costituzionale ha avanzato la proposta di un Comitato dei saggi, per riflettere su cosa dovrà diventare l’Ue da qui al 2020, o al 2030. La storia europea è piena di simili rapporti che dormono nei cassetti delle cancellerie. L’importante è rimettersi in moto subito, senza darsi per vinti sulla strada della costruzione di un’Europa più ambiziosa e diversa. Come avrebbe fatto Spinelli.

Alcuni vorrebbero fermarsi qui. Vorrebbero non parlare di riforme per i prossimi vent’anni. Ma oggi, più di ieri, abbiamo bisogno di un nuovo slancio. Abbiamo bisogno di trovare tutti, nella nostra azione a favore dell’Europa, quello che Spinelli riconobbe a noi Radicali, parlando al nostro Congresso di Firenze nel 1985, pochi mesi prima di morire: fervore, e soprattutto un grano di follia.

L’Europa che lui sognava, l’Europa politica, è quella che serve. Non è questione di gusti o di preferenze. E’ una questione di necessità. Un’Europa sempre più integrata servirà domani anche a quelli che oggi non la vogliono. Lo sapeva Spinelli, e oggi gli rendiamo omaggio, per quello che ha fatto, e per le idee che ci ha trasmesso. Grazie Altiero.

IlMessaggero, 31-VIII-07.