Emma Bonino, “l’uomo giusto per il Quirinale”

15-04-2013, Valter Vecellio , Giornalista professionista, attualmente lavora in RAI. Dirige il giornale telematico «Notizie Radicali», è iscritto al Partito Radicale dal 1972, è stato componente del Comitato Nazionale, della Direzione, della Segreteria Nazionale.

Dicono tanti: Emma Bonino presidente della Repubblica? Sarebbe il candidato ideale. Non di tutti, beninteso, Giuliano Ferrara non nasconde la sua avversione; e anche dalle parti del PdL, se dobbiamo dare credito al “Giornale” e all’acido ritratto che ne fa oggi Giancarlo Perna, ma anche Marco Travaglio, e molti parlamentari del Movimento 5Stelle, Emma Bonino non è popolare; pazienza, se ne farà una ragione, e noi con lei. Resta il fatto, incontrovertibile, che non c’è sondaggio, rilevazione, che non veda Emma ai vertici, al vertice. Gli italiani, insomma, dipendesse da loro, al Quirinale ce la manderebbero. Anzi: ce l’avrebbero già mandata anni fa…Ma cosa farà, cosa farebbe se mai dovesse accadere il miracolo, e i “grandi elettori” dovessero decidere di corrispondere ai desideri della maggioranza degli italiani? Volete conoscerne il “programma”? E’ nella “lettera” che il 10 maggio 1999 Emma recapitò ai “Grandi elettori”, annunciando la sua disponibilità per la presidenza della Repubblica. Quattordici anni dopo, quella “lettera” è attualissima.

 “Sarei il presidente della Repubblica quale la Costituzione scritta impone e consente di essere. Durante il mio settennato non mi rivolgerò mai direttamente al Paese, mai mi esprimerò – quali che siano le prassi pregresse – su temi che possano anche indirettamente concernere la vita politica, e vigilerò a non dare alle relative ‘consuetudini’ automatiche valenze giuridiche. Mi indirizzerò esclusivamente al Parlamento per incerare la dialettica inter-istituzionale – così come in cinquant’anni non è accaduto – attraverso lo strumento ordinario dei messaggi presidenziali, dei quali il popolo avrà regolare contezza solo perché costitutivi, anch’essi, degli atti parlamentari. Sarò la presidente di una Repubblica parlamentare, senza remore e con determinazione, finché la Costituzione non verrà mutata. E se lo sarà stata, servirò con determinazione la nuova come l’antica, fino al termine – confermato o mutato che sia – del mio settennato. Non mi permetterò mai, per alcuna ragione, di interferire con le responsabilità e le prerogative anche dei partiti, cui la Costituzione assegna il compito di concorrere liberamente – e liberi quindi da pesanti ipoteche e intrusioni – a determinare la politica nazionale, precludendo così in maniera assoluta al presidente della Repubblica di ergersi a soggetto politico costituzionale, al pari di quelli riconosciuti in quanto tali: Parlamento, Governo, Regioni, popolo legislatore attraverso i referendum, e, appunto, partiti. Vigilerò perché non accada più che il voto del popolo sovrano, in caso di approvazione di referendum abrogativi ai sensi dell’art.75 della Costituzione, venga ignorato o, peggio, annullato; ciò, ovviamente, per quanto starà nelle competenze e nelle prerogative presidenziali che ritengo perfettamente adeguate a questo fine. In uno Stato di diritto sono perfettamente fisiologici anche i conflitti di poteri, a condizione che come tali siano e vengano riconosciuti e giudicati. Si deve dirimerli, non sopraffare niente e nessuno.
Come Presidente della Repubblica, non sarò minimamente disposta ad avere una qualsiasi preferenza – dirò di più, una qualsiasi attenzione – per “Il senso della storia”, se ce n’è uno (come torno a leggere qua e là), né per le propensioni o le volontà, di riforma o di conservazione che siano, della maggioranza forte o debole, vera o supposta, delle forze politiche, anche istituzionali.
Il compito che eserciterò sarà quello del massimo servizio per il massimo funzionamento e per la massima efficacia delle attuali prescrizioni costituzionali. Ma lo eserciterò vietandomi (come la Costituzione impone), di sostituirmi ai poteri di indirizzo che sono propri del Parlamento, e per la loro attuazione, del Governo, com’è troppo spesso accaduto. Ubbidirò, insomma, ai dettami della legge fondamentale che è compito esclusivamente, liberamente, sovranamente, di altri modificare, e modificare nella direzione in cui vorranno e potranno modificarla. Come presidente della Repubblica avrò tuttt’al più il compito di vigilare affinché avvengano o non si confermino surrettizie modifiche da legittimare successivamente come “costituzione materiale”, o, piuttosto, come costituzione e legge “di fatto”.
In un certo senso, potrei quindi dire che il mio compito dovrà essere quello di garantire al massimo la possibilità della conservazione dell’attuale Costituzione. Non di indebolirla, disapplicarla, bombardarla o sabotarla, di disperare in essa, di fare “sintesi” fra passato e avvenire, di pasticciare, di esercitare “supplenze” nel nome di non meglio precisate (e che comunque non spetta al presidente né precisare né immaginare, né tantomeno prospettare) evoluzioni,i involuzioni o riforme.
Dai partiti, da tutti i partiti maggiori, da tutti gli ambienti mi pare invece che siano giunti obiettivi, criteri, auspici e argomenti per eleggere un presidente della Repubblica che abbia come compito, come impegno, come ragione della propria elezione, il suo essere politicamente di parte – riformista o restauratrice, maggioritaria o proporzionale che sia -, il suo essere “politico” in proprio o per conto di altri. Un presidente così già l’abbiamo: tanto varrebbe – allora – il confermarlo, piuttosto che trasferire al Quirinale, una qualche pallida fotocopia.
Per cultura, o piuttosto per ideologia, chiunque eserciti in Italia un potere, piccolo o troppo spesso grande, è tentato di farlo come se il passaggio dalle concezioni proprie delle monarchie assolute a quelle delle monarchie costituzionali e degli Stati di diritto, non fosse mai avvenuto. Per me e con me, “tutto”, certo, non muterebbe. Ma nei limiti dei miei poteri-doveri, con umiltà ma anche con decisione, una mutazione (e mi sembra di poter dire: una mutazione non del tutto irrilevante) avverrebbe di certo. Per le attività e le presenze internazionali e comunitarie, e le funzioni rappresentative dell’Italia che possono essere confidate anche al/alla presidente della Repubblica, agirò in assoluto rispetto di quanto la Costituzione chiaramente indica anche se troppi occhi sono stati accecati da questa evidenza): la responsabilità della politica essendo tolta al capo dello Stato, solo d’intesa con il Governo, ne potrò individuare occasioni, forme e contenuti.
La Costituzione affida al presidente anche l’incarico e il compito di presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura e il Consiglio Superiore di Difesa. Non li eluderò, ma mi assumerò l’onore e l’onere, con piena consapevolezza di quanto questi cinquant’anni abbiano in proposito determinato situazioni di grande delicatezza e fragilità, grandi distanze insorte dal primitivo disegno, distanze che occorrerà superare e governare con il massimo di prudenza, certo, ma anche con il massimo di rigore e chiarezza.
In particolare, il Consiglio Supremo di Difesa sarà (ri)animato e adeguato al suo funzionamento e alle sue responsabilità. In entrambi i casi, la presidente della Repubblica opererà quale presidente dei suddetti organismi non in base a pregiudizi o dogmi ideologici o anche di “scuole” o di schieramenti attivi nel paese, ma in modo da conformare a propria azione ai principi generali del nostro diritto scritto e alle esigenze di una gestione che i giuristi definirebbero da “buon padre di famiglia”. Se qualcuno dovesse temere che il mio rispetto assoluto della regola del silenzio, della riserva di meditazione e di saggezza, della estraneità ai momenti ed alle forme della politica, possa relegare la presidenza della Repubblica lontano dalla vita e dalla coscienza dei suoi cittadini, si sbaglia. La maestà della legge, l’evidenza del suo rispetto, l’umiltà di fronte ad essa, che è anima necessaria dei doveri civili, trarranno forza anche dal ritrovato consenso dei cittadini, e dalla verifica che faremo della efficacia del disegno costituzionale quale fu concepito e troppo parzialmente, troppo brevemente, troppo raramente, compreso, condiviso, rispettato. Il senso dello Stato può vivere più forte che la ragion di Stato. Sono perfettamente consapevole di dire in tal modo un fermo “no” a quasi tutte le richieste e le attese che sono autorevolmente avanzate da ogni parte. Si dà, infatti, come per scontato che il presidente della Repubblica debba essere al servizio di questo o di quello, di questa o diu quella politica, di questo o di quel calcolo, di questo o di quel compromesso. Il/la presidente della Repubblica italiana, se fosse libero e capace di rispettare la Costituzione, di servirla,m di essere tale quale la Legge esige e gli detta, se desse tale esempio, con ciò stesso potrebbe fare molto per l’Italia e gli italiani, ma anche per l’Europa e per affrontare i drammi del presente in collaborazione e dialettica istituzionale con i poteri dello Stato, in primo luogo il Parlamento e il Governo. Ne sono convinta e me ne ritengo capace…
”.

Un manifesto di quegli anni ritraeva Emma con la scritta: “Finalmente l’uomo giusto”. Vale per l’oggi. Questa di “Emma for President” è una storia che viene da lontano. La racconta lei stessa: “Il 15 e il 16 di marzo del 1999 la SWG, uno dei più accreditati istituti demoscopici, poneva a un campione rappresentativo degli italiani una domanda secca: ‘Lei, come presidente della Repubblica, chi eleggerebbe?’. Il 31 per cento degli interpellati rispondeva Bonino. Carlo Azeglio Ciampi seguiva distaccato di ben undici punti, attestato sul 20 per cento. Luciano Violante all’8 per cento: Oscar Luigi Scalfaro al 6 per cento; Giuliano Amato al 5 per cento…”.

I risultati dell’SWG vennero poi confermati da un successivo sondaggio, questa volta dell’Abacus, commissionato dalla trasmissione “Moby Dick”. La domanda, questa volta, restringeva il campo: “Alla presidenza della Repubblica, votereste Emma Bonino o Carlo Azeglio Ciampi?”. Se avessero potuto farlo, gli italiani, secondo i risultati di quel sondaggio, avrebbero votato Bonino per il 47 per cento, a fronte del 43 per cento che optava per Ciampi.
Poi altri sondaggi, anche questi significativi: secondo Datamedia, il 34,6 per cento avrebbe eletto Bonino, il 14,2 per cento Ciampi, Lamberto Dini al 4 per cento, Scalfaro al 3,9 per cento, Tina Anselmi al 2,4 per cento. Il sondaggio di Unicab dava Bonino addirittura al 58,2 per cento e Ciampi al 40,7 per cento… Interessanti anche i risultati di possibili “ballottaggi”: Bonino – Ciampi: 52,9 per cento contro 32,9 per cento; Bonino – Dini: 61,0 per cento contro 22,1 per cento; Bonino – Fazio: 59,2 per cento contro 20,5 per cento; Bonino – Jervolino: 67.2 per cento contro 14,3 per cento; Bonino – Mancino: 66.0 per cento contro 15,2 per cento; Bonino – Segni: 70,0 per cento contro 8,4 per cento; Bonino – Anselmi: 62,5 per cento contro 19,5 per cento…

Racconta ancora Emma: “L’SWG, incaricata questa volta dall’“Espresso” certificava che il 35 per cento degli interpellati mi avrebbe votata. Il 14 per cento Ciampi, il 12 per cento Scalfaro, il 7 per cento Violante, il 5 per cento Dini. Un’inchiesta demoscopia del professor Giampaolo Fabris, allora preside della Facoltà di comunicazione di Milano (IULM), fatta su un campione rappresentativo di 2.496 elettori, rivelava che l’80 per cento degli intervistati sarebbe stato molto (55 per cento), abbastanza (25 per cento) soddisfatto se fossi stata eletta presidente della Repubblica. Un dato omogeneo anche dal punto di vista geografico: praticamente simile in ogni regione d’Italia. Il 60 per cento delle donne intervistate e il 42 per cento ‘votano’ Bonino. Come il 73 per cento delle giovani tra i 18 e i 24 anni. Per fare il presidente della Repubblica in Italia bisogna avere 80 anni. Ho una ventina d’anni davanti. E poi sono cocciuta…”.

Non una donna in politica, ma una donna politica. Politica significa rompere gli schemi, costruire consenso sociale, assumersi responsabilità. Una donna politica conosce la politica, non la disprezza e non la esalta. Tiene conto dei suoi limiti e cerca di forzarli e di oltrepassarli. Per questo si impegna, a prescindere dalle facilitazioni di carriera…”. Così il politologo Gianfranco Pasquino tracciando il profilo del candidato ideale per il Quirinale. E poi, dopo averlo tratteggiato: “Come si sarà immediatamente capito, ho delineato l’identikit di Emma Bonino”. Nelle stesse ore anche Giuliano Amato la candida per la presidenza della Repubblica. Il prestigioso settimanale “Economist” la individua come l’unica o quasi esponente politica dotata di quelle capacità “che servono per guidare l’Italia nella difficile fase che sta attraversando”. Giudizio e opinione condivisa anche da altri prestigiosi giornali e riviste: dallo spagnolo “El Pais” al francese “Le Nouvel Observateur”, da “l’Evenement du jeudi” a “Time”; e ancora: “Newsweek”, “Der Spiegel”, “l’Express”, “Die Zeit”.Il francese “Le Figaro” le dedica un articolo intitolato: “La nuova battaglia di Emma Bonino”, sulla candidatura al Quirinale. Si può leggere: “Appassionata, militante instancabile, detestata dagli ayatollah di ogni sorta, eccellente nei dibattiti pubblici, le maratone oratorie, la difesa delle cause perse…”. “El Pais” in un articolo intitolato “Emma for President”, arriva addirittura a paragonarla a Giuseppe Garibaldi, per l’analogia con il comitato dei “mille valorosi” che hanno accompagnato l’eroe dei due mondi nell’avventura per la riunificazione del paese. E su “El Mundo” si scrive che “Emma Bonino non è solo una sognatrice. Ha senso pratico ed è una lucida ed affidabile interprete dello scenario politico internazionale”. L’articolo finisce con l’esclamazione: “Emma for President!”.

La trasparenza della campagna, i toni e lo stile, l’assenza di intrighi e di ipocrisia, in pochi giorni conquistano Indro Montanelli e Franca Rame, Rita Levi Montalcini, Lucio Dalla, Margherita Hack, Umberto Veronesi, per citare qualcuna tra le centinaia di prestigiose adesioni raccolte dal comitato “Emma for President”. E’ una candidatura che viene dal “basso”, e che spezza le ferree logiche che regolano l’elezione del presidente della Repubblica: frutto di patteggiamenti, conciliaboli e accorti delle segreterie partitocratriche e di altri potentati. Un vero e proprio plebiscito. I partiti, presi di contropiede, dicono NO a questa candidatura popolare, e i 1.010 “grandi elettori” scelgono Ciampi. “Quella campagna”, commenta lei, “dimostrò che i tre quarti degli italiani mi avrebbero votato. Eppure, dopo quella campagna non mi fu rinnovato l’incarico europeo, e non fui invitata in televisione per ben due anni. Ai tempi, furono i D’Alema e i Berlusconi a decidere questa sorta di ‘oscuramento’…”.

Oscuramento che dura tutt’ora. Per quanto riguarda le televisioni. Secondo i dati elaborati dal “Centro d’ascolto” sugli accessi TV Emma Bonino figura al 192esimo posto per quel che riguarda la possibilità di comunicare e farsi conoscere attraverso trasmissioni di approfondimento politico della RAI (del tipo di “Porta a porta” o “Ballarò”); precipita al 223esimo posto nelle reti Mediaset; e al 117 a “La7”; e come la Bonino possa, nel corso di decenni, continuare ad essere così popolare nonostante sia praticamente impossibilitata a farsi conoscere, resta un qualcosa che dovrebbe essere studiato dagli esperti della comunicazione. Perché ancora oggi, secondo i sondaggi e le rilevazioni democopiche, Bonino continua a essere popolare e preferita tra i vari “papabili” per il Quirinale. Non c’è per esempio giornale che non abbia provato a sondare gli umori dei suoi lettori; e si ha un bel specificare che si tratta di sondaggi senza un valore statistico, rilevazioni non basate su campioni elaborati scientificamente, e hanno per unico scopo quello di permettere ai lettori di esprimere la propria opinione su temi di attualità. Prendete il quotidiano che più vi soddisfa, sia esso “Il Corriere della Sera”, “La Stampa”, “Il Fatto quotidiano”, e anche una trasmissione come “Pubblico” per nulla tenera con la Bonino (il suo opinionista principe Marco Travaglio non le perdona nulla): vedrete che la leader radicale è comunque in testa alla classifica dei “gradimenti”, e sopravanza di gran lunga personaggi di assicurata visibilità come Romano Prodi, Mario Draghi, Berlusconi, D’Alema...